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La regolarizzazione delle persone straniere e la Costituzione

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La regolarizzazione delle persone straniere e la Costituzione

 Svincolare la regolarizzazione dal contratto di lavoro è una misura di buon senso per proteggere i diritti di tutti. La nostra proposta ha ricevuto oltre 3000 adesioni (319 associazioni e 2753 adesioni individuali).

Il 22 aprile numerose associazioni e centinaia di persone di ambiti sociali differenti hanno proposto una regolarizzazione delle persone migranti, che si differenza per molti aspetti da altre che stanno circolando, compresa quella di “fonte” governativa.

Innanzitutto, è una proposta che non seleziona i/le migranti sulla base dei soli bisogni del mercato del lavoro italiano (agricoltura, pesca, assistenza domestica) ma intende dare visibilità giuridica e dunque dignità (art. 2 Costituzione) alle centinaia di migliaia di persone straniere che vivono in Italia senza permesso di soggiorno o con permessi di tipo precario, le quali, per questa loro condizione, sono maggiormente esposte a sfruttamento ed emarginazione.

La proposta mira, nel contempo, a garantire in concreto il diritto alla salute di tutti/e, sia come bene individuale che collettivo (art. 32 Costituzione), poiché solo se ogni persona ha effettivo accesso alle cure e, in generale, al Sistema sanitario nazionale, è tutelata anche la salute collettiva. L’emergenza da Covid-19 ha dimostrato, casomai ve ne fosse bisogno, questa realtà incontestabile. Nel caso delle persone straniere, solo il permesso di soggiorno consente anche a loro quel diritto nella sua ampia articolazione e dunque la salute dell’intera comunità.

Infine, la proposta ha l’obiettivo di svincolare la regolarizzazione dal contratto di lavoro, consapevoli del grave fenomeno del “traffico” dei contratti che ha contraddistinto tutte le precedenti regolarizzazioni. Non è la sola ipotesi prevista, in quanto è senz’altro delineata anche la possibilità di far emergere il lavoro in nero, ma si è ritenuto importante indicare l’ulteriore ipotesi, alternativa, che permetta il rilascio di un permesso per “ricerca occupazione”.

Questo particolare permesso di soggiorno era previsto dall’originario Testo Unico immigrazione, d.lgs. 286/98, ma è stato abrogato nel 2002 dalla legge Bossi-Fini, nonostante fosse l’unico meccanismo che non costringeva lo/la straniero/a al farraginoso meccanismo del decreto flussi (cioè dell’incontro a distanza tra domanda e offerta di lavoro, poiché il lavoratore straniero può essere chiamato da un datore di lavoro solo se vive nel suo Paese), evitando pertanto il crearsi di ampie sacche di irregolarità. Abrogazione che, infatti, ha reso necessario, nel corso degli anni, periodiche regolarizzazioni/sanatorie, con cui è stato riconosciuto il permesso di soggiorno a 1,8 milioni di stranieri/e, cioè più del 50% di coloro che, cittadini non europei, vivono oggi regolarmente in Italia, il 60% dei quali ha un permesso di lunga durata.

Questi i tre caratteri distintivi della proposta presentata il 22 aprile, che, diversamente dalle altre, considera i diritti di tutte le persone che vivono in Italia “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” (art. 3 Costituzione). Un’occasione per prefigurare una società più uguale, evitando che, dall’emergenza sanitaria astrattamente “democratica”, possa uscire una società ancora più escludente e divisiva.

La proposta

Per i/le cittadini/e stranieri/e che dimostrino, mediante idonea documentazione, la presenza in Italia alla data del 29 febbraio 2020, in condizioni di irregolarità o anche di regolarità ma con permesso non convertibile in lavoro, è rilasciato, a richiesta, un permesso di soggiorno per ricerca occupazione, rinnovabile e convertibile alle condizioni di legge, oppure un permesso di soggiorno per lavoro qualora alla predetta data del 29 febbraio 2020 o alla data della domanda il richiedente abbia in corso un rapporto di lavoro. Entrambi permessi hanno la durata di 1 anno dalla data del rilascio o quella maggiore secondo le disposizioni di cui all’art. 5, co. 3 d.lgs. 286/98. La domanda può essere presentata a partire da 8 giorni successivi alla entrata in vigore del presente decreto legge.

Dalla data di entrata in vigore del presente decreto legge e fino alla conclusione del procedimento di emersione sono sospesi i procedimenti penali e amministrativi nei confronti del datore di lavoro e del lavoratore per le violazioni delle norme: a) relative all’ingresso e al soggiorno nel territorio nazionale, con esclusione di quelle di cui all’articolo 12 del d.lgs. 286/98 b) relative all’impiego di lavoratori, anche se rivestano carattere finanziario, fiscale, previdenziale o assistenziale.

La sottoscrizione del contratto di soggiorno, congiuntamente alla comunicazione obbligatoria di assunzione all’INPS, e il rilascio del permesso di soggiorno comportano, rispettivamente, per il datore di lavoro e il lavoratore l’estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi relativi alle violazioni di cui al comma che precede. Il datore di lavoro assolve agli obblighi di natura fiscale, previdenziale e assistenziale relativi al pregresso periodo di lavoro tramite il versamento di un contributo forfettario pari ad € 500,00 per ogni lavoratore.

Articolo di Nazzarena Zorzella – avvocata – ASGI

Per ulteriori informazioni e per firmare l’appello: No alla regolarizzazione settoriale, sì ad un permesso per chi lavora e cerca lavoro in Italia.


Articolo pubblicato ne Il Manifesto, il 25 aprile 2020.


Photo by Chang Duong on Unsplash

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