ASSISTENZA SOCIALE E SANITARIA TERRITORIALE
PREMESSA
Questo documento, in condivisione con quanto sta emergendo a livello nazionale relativamente alla necessità di revisione dell’organizzazione dei servizi sanitari in funzione di una maggiore efficienza ed efficacia e di tutela delle fasce più deboli della popolazione, affronta questi temi relativamente al Friuli-VeneziaGiulia.
Il difficile momento che stiamo vivendo a causa della pandemia da Covid-19 può essere l’occasione, per la Rete DASI di una azione politica per promuovere la riforma del SSN e del SSR, attraverso alleanze con la società civile, con le parti sociali e con i soggetti politici più sensibili.
Pur avendo presente la rilevanza di questioni quali le contraddizioni fra i livelli di gestione nazionale e regionale della Sanità Pubblica, oppure lo squilibrio tra medici e infermieri rispetto al resto dell’UE, oppure la scelta fra un medico di medicina generale dipendente diretto o convenzionato con il SSN, affrontiamo qui gli argomenti di maggior impatto sulle aree periferiche e marginali del territorio e sulle popolazioni più fragili e vulnerabili.
La prossimità non si misura solo in termini geografici quanto come distanza minima tra una domanda di salute e una offerta di sanità: la delega a Regioni e Province autonome della organizzazione e della gestione dei servizi sanitari, ha generato, invece di un federalismo solidale, una deriva localista con 21 differenti sistemi sanitari e con accessi disuguali ed iniqui a servizi e prestazioni sanitarie.
Il Servizio Sanitario, pubblico e universale, dovrebbe essere strumento delle Comunità locali, ma la aziendalizzazione della sanità pubblica, avviata negli anni novanta del secolo scorso, ha portato ad una progressiva centralizzazione dell’organizzazione sanitaria, escludendo gli Enti Locali, in una logica prevalentemente economicista che ha comportato:
- la sostituzione dell’organo collegiale di governo, Comitato di gestione, con la figura monocratica del Direttore generale;
- la separazione dalle Asl degli ospedali maggiori, che si costituiscono in aziende autonome che vengono remunerate a prestazione;
- l’ingresso del mercato nel settore sanitario, lo sviluppo della competizione tra pubblico e privato e anche all’interno dello stesso settore pubblico;
- la priorità alla capacità di far quadrare i conti trascurando l’efficacia e l’appropriatezza collegata all’evidenza scientifica.
Inoltre il nostro sistema socio-sanitario si è contraddistinto sempre più nell’aver privilegiato lo strumento del trasferimento monetario agli assistiti in condizioni di fragilità (indennità, pensioni, etc.), piuttosto che l’offerta di servizi. Questa scelta è costata decine di miliardi di euro l’anno in forma di sussidi, senza alcuna tracciabilità della spesa e misurabilità della loro efficacia in termini di salute.
“Salute di comunità nella comunità”
È necessaria una transizione da un sistema sanitario focalizzato sulla patologia a un sistema centrato sulla salute, che non eroghi solo prestazioni, ma operi per contrastare le malattie, in un’ottica di prevenzione e promozione della salute. È necessario un rinnovamento delle politiche sociali, per garantire un’assistenza continua e globale, facilmente accessibile e flessibile, capace di prendersi cura delle persone nel contesto in cui vivono, assicurando continuità tra territorio e ospedale, promuovendo un utilizzo appropriato dell’ospedale: La tanto declamata “continuità assistenziale” potrebbe così essere ridisegnata non solo nel senso Ospedale-Territorio ma come continuità Territorio-Ospedale-Territorio.
Il potenziamento del territorio è parte di un disegno complessivo e unitario di rinnovamento del sistema sanitario e rappresenta un modo di concepire la sanità che riguarda tutti i livelli di assistenza, compresa l’assistenza ospedaliera. In tal senso il superamento degli storici divari nell’offerta ospedaliera (a danno delle popolazioni di alcuni territori, in particolare della montagna) costituisce un obiettivo da perseguire in sinergia con quello del potenziamento del Distretto, in un’ottica di reciproco rafforzamento.
Sono necessari progetti dedicati a una forte infrastrutturazione dei servizi territoriali, una loro solida organizzazione, ragionevolmente omogenea e articolata su tutto il territorio del Friuli-Venezia Giulia con una più robusta attenzione ai determinanti sociali della salute e con percorsi di convergenza partecipati finalizzati al superamento delle disuguaglianze di salute tra la popolazione e tra territori (città e campagna, pianura e montagna, centro e periferie)
Non solo “muri e attrezzature tecnologiche”, peraltro importanti, ma formazione e ricerca, progetti personalizzati di presa in carico, assistenza domiciliare, servizi di trasporto pubblico locale, coprogettazione intersettoriale, interprofessionale e multidisciplinare, processi di educazione permanente e campagne di comunicazione con strumenti innovativi adeguati ai diversi target della popolazione, partecipazione democratica di operatori e utenti.
Perché questo cambio di paradigma metta solide radici c’è bisogno di un ripensamento profondo della formazione dei futuri e degli attuali professionisti della salute e del sociale, a partire dalle università: bisogna far crescere conoscenze e competenze su temi quali la sanità pubblica, i determinanti di salute, la medicina di genere, il lavoro in rete, la promozione della salute, la relazione operatore-paziente-ambiente, le differenze culturali, la comunicazione in sanità, l’integrazione fra settori, istituzioni e professionisti, il ruolo delle comunità, l’innovazione e il cambiamento.
Le malattie croniche non trasmissibili, la sofferenza e la disabilità che comportano, sfidano il modello dominante di assistenza sanitaria e richiedono modelli altamente innovativi capaci di coniugare interventi sanitari e interventi sociali e una grande flessibilità nella organizzazione dell’assistenza: nessuno può pensare di lavorare bene da solo !
Trasformazione on line di comunicazione cartacea, documentazione sanitaria condivisa, tappe preordinate del cittadino/utente per evitare spostamenti e code, devono essere previste per le attività dei medici di medicina generale,dei servizi sociali e di assistenza primaria e dei distretti e ambiti territoriali. Anche gli ambulatori a bassa soglia d’accesso per essere efficienti ed efficaci devono essere strutturati con questa ottica: infatti bassa soglia non vuol dire con poche risorse ma con risorse mirate: ad esempio strumenti diagnostici di base, farmaci essenziali per ciclo di cura, medicazioni etc., che possono essere gestiti da infermieri con responsabilità organizzativa e appropriato training, registrando sempre quanto fatto perché solo ciò che è documentato consente la valutazione di efficienza ed efficacia.
Qualche proposta concreta per avviare il lavoro di riforma in Friuli-VeneziaGiulia
- copertura di tutti i posti negli organici, ad ogni livello, con assunzioni a tempo indeterminato (con fondi reperiti dalla spesa aumentata per la sanità privata o da esternalizzazioni/affidamento a terzi/lavoro somministrato che non potranno esser realizzati se non in caso di bandi con scarsa o nulla partecipazione);
- progressivo aumento delle spesa per il territorio con anche la realizzazione di strutture di servizi sociali e sanitari di base dimensionate a seconda delle diverse esigenze geomoforlogiche, demografiche ed epidemiologiche (ad esempio da 10mila a 30.000 abitanti sul modello della casa della salute) aperte 12 ore al giorno, per 6 giorni alla settimana, unificando competenze sanitarie con quelle dei Comuni/Ambiti;
- realizzazione di assemblee periodiche di consultazione della popolazione dei distretti/ambiti sui programmi di lavoro annuali e di verifica degli stessi-
SALUTE e MIGRANTI in Friuli-VeneziaGiulia interventi di tutela e di cura
Premessa: il diritto alla registrazione anagrafica dei neonati è un irrinunciabile prerequisito per godere dei diritti garantiti a tutte le persone; ribadiamo quindi la richiesta di abolizione dell’articolo 1 (comma 22 lettera g) della legge n. 94 del 2009 che impedisce di fatto la registrazione all’anagrafe dei figli di cittadine/cittadini stranieri presenti in Italia e privi di permesso di soggiorno.
- Monitorare che ogni Azienda Sanitaria sia dotata di una ambulatorio a bassa soglia di accesso, in strutture pubbliche, che consenta assistenza sanitaria anche a chi è privo di permesso di soggiorno ( STP ),ai migranti in transito e a tutte le persone senza fissa dimora o senza tetto o comunque senza un M.M.G.
- Promuovere la ricostruzione della mediazione linguistico culturale in sanità anche come strumento di formazione/informazione, aggiornamento,per tutti (mediatrici/tori, stranieri, operatori, enti locali etc)
- consolidare una primissima accoglienza dignitosa che possa garantire vitto, alloggio, igiene personale e somministrazione di un questionario per ricostruire il percorso migratorio e individuare fattori di rischio
- coinvolgere gli enti locali e/o le loro aggregazioni, associazioni di volontariato, comunità di tutte le fedi religiose, per avviare progetti di accoglienza in piccoli gruppi diffusa nei vari comuni del territorio con una corretta informazione alle popolazioni anche in convenzione con enti del terzo settore
- verificare l’applicazione diffusa ed omogenea sul territorio regionale delle linee-guida nazionali e dei protocolli regionali per la tutela dei gruppi più fragili e vulnerabili, dai richiedenti protezione internazionale ai senza dimora, confermando, anche in tempo di pandemia, i programmi di prima accoglienza sanitaria
- sollecitare la individuazione e la predisposizione di
- dormitori con servizi igienici e posti letto senza selezioni discriminanti e con rispetto delle misure anti-Covid
- strutture per quarantene adeguate per tutti (dai richiedenti asilo, ai migranti in transito, ai senzatetto ma anche alle badanti,alle famiglie etc) e in particolare
– per il rientro in regione e la eventuale quarantena di collaboratici e assistenti familiari
– per la quarantena dei gruppi di richiedenti protezione subito dopo il loro rintraccio
– per l’isolamento dei soggetti positivi asintomatici o paucisintomatici
- promuovere da subito una programmazione pluriennale, coinvolgendo la popolazione generale, quella immigrata, il terzo settore, gli enti locali, le o.n.g. di cooperazione internazionale per affrontare le problematiche organizzative della assistenza alla persona anche con attività di formazione, e con integrazione ambito-distretto-case di riposo e monitorando la possibilità di assumere anche cittadini stranieri.
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