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Modifiche ai decreti sicurezza: le proposte che ASGI ha presentato al Parlamento

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Modifiche ai decreti sicurezza: le proposte che ASGI ha presentato al Parlamento
Le osservazioni Sono state presentate in audizione alla 1° Commissione Affari costituzionali della Camera dei Deputati giovedì 5 novembre 2020. ASGI: “Alcune luci e molte ombre nel decreto-legge n. 130/2020 in materia di immigrazione e asilo. E’ indispensabile fare subito modifiche importanti”

Una presentazione sintetica e una lista di emendamenti con cui, punto per punto, vengono spiegati gli aspetti illegittimi delle norme del nuovo D.L. e delle norme del D.L. n. 113/2018 non toccate dal nuovo decreto e dove si presentano altre nuove proposte normative innovative ed urgenti nelle materie del decreto-legge.

In un documento di 25 pagine ASGI ha elaborato le proprie proposte emendative alla legge di conversione del decreto-legge n. 130 del 2020 che contiene le modifiche ai cd Decreti sicurezza.

Questo documento verrà illustrato in Parlamento, dinanzi alla I Commissione Affari costituzionali che ne ha iniziato l’esame e che procederà la prossima settimana ad un ciclo di audizioni informali .

Qui trovate il documento completo e di seguito riportiamo la presentazione.


Alcune luci e molte ombre nel decreto-legge n. 130/2020 in materia di immigrazione e asilo. E’ indispensabile fare subito modifiche importanti

Il Decreto-legge n. 130/2020 in materia di immigrazione e asilo presenta aspetti assai eterogenei e contraddittori: alcune luci e molte ombre che esigono immediate modifiche importanti in sede di conversione in legge.

Il decreto pare spinto dall’idea di dover recepire le osservazioni presidenziali fatte al momento dell’emanazione del decreto-legge n. 113/2018.

In effetti positivamente ripristina l’esigenza di non rifiutare il permesso di soggiorno allorché si debba dare attuazione a obblighi costituzionali e internazionali, anche se non mancano difetti di coordinamento, a cui occorre rimediare: in tal senso doverosa appare l’estensione del divieto di respingimento e di espulsione anche al rischio di subire trattamenti inumani e degradanti, di per sé già impedito per effetto dell’art. 3 CEDU e della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.

Particolarmente positiva e conforme all’esperienza di altri Stati europei è l’espressa menzione del rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale allorché si debba garantire il diritto al rispetto della vita privata e familiare della persona (previsto dall’art. 8 CEDU), tenendo conto della effettiva integrazione sociale dello straniero nel territorio italiano, anche al di fuori di una procedura di protezione internazionale.

Senz’altro positivi, nell’ottica di una flessibilizzazione del regime dei permessi di soggiorno, sono il raddoppio a due anni della durata del permesso di soggiorno per protezione speciale e la convertibilità in permesso di soggiorno per lavoro di numerosi altri permessi (protezione speciale, calamità, assistenza minori, lavoro artistico, ricerca scientifica, acquisto della cittadinanza e dell’apolidia, motivi religiosi).

Entrambi questi cambiamenti potranno migliorare e stabilizzare la condizione giuridica concreta di un notevole numero di stranieri ed eviteranno inutili procedure amministrative e giudiziarie.

Altrettanto positive, nell’ottica di assicurare un’effettiva accoglienza e assistenza conformi agli standard previsti dalle norme europee, sono le norme del decreto-legge che riordinano e potenziano il sistema di accoglienza, anche se non si prevede un sistema effettivamente diffuso in ogni ente locale ed appare irragionevole l’esclusione dal sistema di accoglienza di alcuni titolari di protezione speciale.

In ogni caso il decreto-legge non muta la volontarietà dell’adesione di ogni Comune a singoli progetti di accoglienza. Oggi un comune può decidere di aderire o di non aderire al sistema, sicché il modello di “accoglienza diffusa” continua, come in passato, a dipendere da quel modello che a sua volta dipende da una volubile volontà politica locale. Finché non sarà affrontato anche questo tema il nuovo sistema SAI (ex-sprar) e i centri di accoglienza straordinari conviveranno. Fin dal 2015 ASGI aveva proposto che, in conformità all’art. 118 della Costituzione, ad ogni Comune venisse attribuita la funzione amministrativa della gestione dell’accoglienza nei confronti dei richiedenti asilo, nei limiti di criteri e procedure previste dalla norma e di un coordinamento da parte dello Stato e con le regioni.

Assai criticabile è la scelta del decreto-legge di non modificare sostanzialmente la disciplina delle procedure accelerate per l’esame delle domande di protezione internazionale nelle zone di transito e frontiera, che furono introdotte con il d.l. n. 113/2018: ciò determina una mortificazione del diritto di asilo, perché può favorire abusi e comporta comunque una riduzione drastica dei diritti di una parte notevole dei richiedenti nella fase dell’esame amministrativo delle domande.

Anche con le nuove norme del decreto-legge la domanda di protezione internazionale presentata dopo l’espulsione dallo straniero – fermato per avere eluso o tentato di eludere i controlli di frontiera o subito dopo (il testo della norma è sul punto così vago che si presta ad elusioni e discrezionalità massicce) – è esaminata con procedura sommaria. Inoltre si prevede il trattenimento non solo nei centri di permanenza per il rimpatrio, ma anche in non meglio precisate strutture a disposizione della pubblica sicurezza, nelle vicinanze delle frontiere e inaccessibili di fatto a difensori e organizzazioni di tutela dei diritti. Tutte queste norme sono illegittime perché violano le garanzie costituzionali della riserva assoluta di legge in materia di libertà personale e consentono un trattenimento generalizzato della gran parte dei richiedenti asilo, in palese contrasto con la direttiva Ue in materia di accoglienza.

Il decreto-legge, inoltre, prevede in modo condivisibile una riduzione della durata complessiva massima del trattenimento nei centri di permanenza per il rimpatrio dello straniero, ma poi prevede norme incostituzionali – in violazione della presunzione costituzionale di non colpevolezza degli imputati e della riserva di legge in materia di stranieri – con riferimento agli stranieri arrivati in frontiera che possono essere trattenuti a lungo in un c.p.r., ovvero in un altro centro non meglio precisato, periodo durante il quale la loro domanda di asilo è esaminata con una procedura velocissima, senza garanzie, anche considerato che i richiedenti sono isolati e non hanno la possibilità concreta di essere assistiti da un avvocato o dalle organizzazioni umanitarie.

Occorre invece ricordare che la procedura relativa alla presentazione della domanda di protezione internazionale in frontiera finisce per applicarsi assai spesso a persone traumatizzate dal viaggio ed alle quali deve essere in ogni caso garantito un esame adeguato della domanda di protezione internazionale, nel pieno rispetto delle garanzie e dei diritti previsti disposizioni nazionali e dell’Unione Europea.

Il decreto-legge non abroga, inoltre, l’introduzione nell’ordinamento italiano (avvenuta col d.l. n. 113/2018) della nozione di “Paese di origine sicuro”, la cui individuazione è effettuata sulla base di criteri vaghi e con decisione del solo Governo, in violazione delle norme costituzionali che esigono che solo la legge disciplini la condizione dello straniero e in violazione del divieto di discriminare i rifugiati secondo il Paese di origine, previsto dalla Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato.

Il decreto-legge non abroga neppure l’istituto – introdotto sempre dal d.l. n. 113/2018 – della revoca della cittadinanza italiana per gravi reati commessi dallo straniero che ha acquisito la cittadinanza: in violazione dell’art. 22 Cost., era stata introdotta la revoca della cittadinanza per motivi politici allorché fosse stata acquisita alla maggiore età o per matrimonio o per lunga residenza, così creando una discriminazione incostituzionale tra cittadini a cui mai sarà revocata la cittadinanza italiana anche se commetteranno reati e cittadini a cui sarà revocata per il solo fatto di averla acquisita dopo la nascita

Perdura nel decreto-legge una abnorme, immotivata e irragionevole durata – fino a 3 anni – dei procedimenti amministrativi concernenti le domande di attribuzione e di concessione della cittadinanza italiana, che prima del d.l. n. 113/2008 era di 2 anni. Occorre invece limitare la discrezionalità amministrativa, anche con altre norme, in materia di cittadinanza.

Perdura infine anche nel nuovo decreto-legge la sanzione nei confronti delle imbarcazioni che soccorrono migranti in mare che da amministrativa diventa penale e resta, seppure attenuato, il principio secondo cui il Governo può vietare a una nave l’ingresso nelle acque territoriali perché ritiene che ci sia stata una violazione del diritto dell’immigrazione. Il nuovo decreto-legge prevede che il coordinamento dei soccorsi si debba attuare nel rispetto del diritto internazionale del mare e dello statuto dei rifugiati, ma perdura il rischio che sia paradossalmente inflitta una sanzione alla ONG o ad altri soggetti privati che hanno operato in attuazione delle norme del diritto internazionale del mare, ma che magari non hanno rispettato le indicazioni ricevute dalla Guardia costiera del Paese competente, che ordinava di riportare i soccorsi in un paese, come la Libia, in cui sicuramente rischiano di subire torture o trattamenti inumani o degradanti senza alcuna garanzia giuridica, come ripetono da anni i rapporti dell’ONU.

Il decreto-legge non modifica neppure le norme introdotte dal d.l. n. 113/2018 che hanno molto aumentato i reati ostativi al riconoscimento della protezione internazionale, con conseguenze procedurali anche per chi non sia ancora condannato definitivamente, in violazione del principio costituzionale di non colpevolezza fino alla condanna definitiva, tra i quali spicca il reato di minaccia a pubblico ufficiale che può essere usato in modo improprio e non è certo un reato che minacci la collettività e perciò dovrebbe essere espunto in quanto la sua configurazione come causa ostativa non appare conforme alla Direttiva UE sulle qualifiche di protezione internazionale.

Nel decreto-legge mancano in conclusione anche norme che ripristinino l’appello contro le sentenza in materia di asilo e norme che riformino la disciplina dei flussi di ingresso per lavoro e che consentano il rilascio di visti di ingresso per asilo che consentirebbe un ingresso regolare ed eviterebbe alle persone costrette a fuggire da un Paese in cui i loro diritti fondamentali sono violati di mettere a repentaglio la propria vita e di farsi usare da sfruttatori per riuscire ad entrare illegalmente nel territorio italiano per poter esercitare un loro diritto costituzionale.

Per questi motivi ASGI presenta di seguito alcune proposte emendative alla legge di conversione in legge del decreto-legge (con le spiegazioni in corsivo), con i quali

  1. si sopprimono tutti gli aspetti illegittimi delle norme del nuovo d.l. n. 130/2030 e delle norme del d.l. n. 113/2018 non toccate dal nuovo decreto e
  2. si prevedono anche altre nuove proposte normative innovative ed urgenti nelle materie del decreto-legge.

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